Il Vesuvio, vulcano partenopeo.

L’aspetto del Vesuvio, quella notte, era troppo solenne. La insolita vivacità che lo animava presentava ai nostri sguardi uno di questi grandi spettacoli della natura, davanti ai quali ci sentiamo forzati a contemplare attoniti e silenziosi.” Così nel componimento “Napoli ad occhio nudo. Lettere ad un amico” Renato Fucini nel 1877 descriveva il Vesuvio nel suo reportage napoletano.

La Grande Montagna

Quando il viaggiatore arriva a Napoli la prima immagine che appare davanti ai suoi occhi – sia che vi giunga per terra, sia che viaggi via mare o vi giunga in aereo tra i toni azzurri del cielo e del mare e il caldo colore giallo della pietra di tufo – è l’immagine del Vesuvio. La “Grande Montagna” si mostra ricoperta di una fertile vegetazione, mentre un mucchietto di case sulla base si arrampica lungo le sue pendici. Il Vesuvio è una presenza fondamentale, splendida e unica nello skyline della città con sul golfo. Una presenza forte nella vita quotidiana del popolo partenopeo, oltre che simbolo mitico di prosperità e di energia. Dominante nella fotografia del golfo di Napoli, il Vesuvio in realtà non è un vulcano altissimo [parliamo di meno di 1.300 metri di altezza] e la facilità del percorso ha reso da sempre possibile la scalata da parte dei viaggiatori.

Il nome Vesuvio

Una tradizione popolare di fine 1.600 vorrebbe far derivare la parola Vesuvio dalla locuzione latina “Vae suis!” che significa: “Guai ai suoi!”. Giacché la maggior parte delle eruzioni avevano sempre preceduto o posticipato avvenimenti storici importanti, quasi sempre carichi di disgrazie. Così, l’eruzione del 1631 sarebbe stata un “preavviso naturale” dei futuri moti di Masaniello a Napoli del 1647.

Nelle poesie napoletane di fine 1.800, viene invece, chiamato la Montagna con la lettera M in maiuscolo, per indicare una maggiore importanza rispetto a tutte le altre montagne.

Il Vesuvio visto da San Martino @foto mina grasso

Le eruzioni

Tra i 19.000 anni fa e il 79 d.C. – anno dell’ultima più violenta eruzione – ebbero luogo una serie di eruzioni alternate a periodi di quiete del vulcano. La fertilità dei terreni circostanti, tipica dei suoli vulcanici, favorì gli insediamenti umani nonostante fosse noto fin dai tempi più antichi il rischio dell’area.

Ad ogni modo, l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. rappresenta a tutt’oggi il principale evento eruttivo verificatosi in epoca storica. Questa eruzione ha profondamente modificato la morfologia del vulcano e dei territori circostanti, distruggendo le città di Ercolano, Pompei, Oplontis e Stabia, riportate alla luce con strade, case, e attraverso i reperti, a partire dal XVIII secolo.

Le eruzioni di quell’epoca sono eruzioni pliniane dai nomi di Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, studiosi romani che furono testimoni diretti dell’eruzione del 79 d.C., durante la quale il primo dei due morì e il secondo ebbe modo di raccontare l’evento.

Il Vesuvio in Arte

Tutte meravigliose le rappresentazioni in Arte del Vesuvio. Dal Vesuvius di Andy Warhol, realizzato nel 1985 in occasione del soggiorno di Warhol a Napoli e conservato al Museo di Capodimonte; andando più indietro negli anni alle belle tavole di Sir William Hamilton; fino ad arrivare all’affresco ritrovato nella Casa del Centenario a Pompei, il cosiddetto affresco di Bacco e Vesuvio, che rappresenta le due divinità rispettivamente come pigna d’uva e montagna. Bellissime poi tutte le gouaches del periodo del Grand Tour e gli oli dipinti tra 1.700 e 1.800: l’Eruzione del Vesuvio del 1.782 di Pierre-Jacques Volaire, l’Eruzione del Vesuvio del 1631 di Micco Spadaro; e poi, Pierre Auguste Renoir, Silvester Scedrin, Jean-Baptiste Camille Corot, William Turner che dipinge un Vesuvio carico di nubi infuocate.

Il Vesuvio visto dal piazzale dell’Antiquarium di Pompei @foto mina grasso

Togliete a Napoli il Vesuvio, e la voce incantata della sirena avrà perduto per voi le sue più dolci armonie.”

Renato Fucini, nel suo reportage napoletano.


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